I mercatini di montagna

Ultimi due giorni di vacanza e già l'ombra del rientro e del lavoro si insinua nei miei pensieri.

Cammino nella via principale del paesino in cui mi trovo in vacanza.
In effetti chiamarla via principale è quasi eccessivo considerando che è l'unica via del paese.

Mentre il cielo abbandona l'azzurro per passare all'indaco della sera osservo le persone indaffarate e curiose intorno alle bancarelle allestite nella via: i soliti mercatini estivi, tipici dei paesi di montagna.
Forse è la prima volta che li organizzano. Me lo fa credere la qualità della merce esposta... o forse hanno già venduto tutto alle carovane di turisti in processione e stanno dando fondo alle cantine e ai solai.

Non mi piace la confusione, non mi piacciono i mercati con troppa gente, perciò, aspetto fino all'ultimo momento per curiosare
liberamente ed evitare i gomiti dei turisti. Sarò un orso ma è così.
Sulle bancarelle le solite cose, cose vecchie, niente di più... c'è però una bancarella che non espone quasi niente, o per lo meno, non accumula la piramide di merce sul banco; mi incuriosisco e mi avvicino.

La vecchietta al di là del banco racconta ad un turista che un tempo, tanti anni fa, insegnava alla scuola del paese, aveva sempre tanti bambini, ma poi la scuola è stata chiusa, prima della guerra, ed è rimasta da sola a tenere in ordine i libri e i quaderni dimenticati.

C'è un libro con una rilegatura artigianale, enorme, sul tavolo: è un abbecedario; lo prendo e lo apro... A come Asino, B come Bosco, C come Castagna... ogni lettera ha un disegno di fianco che sembra fatto a mano più che stampato.
La vecchia maestra nota la mia curiosità e mi dice che lo ha fatto Giacomo, il bidello della scuola, tanti ma tanti anni fa... gli piaceva disegnare per i bambini, disegnava quello che vedeva: niente A come astronave, B come bicicletta, C come computer ma solo cose dei nostri boschi.

Sfoglio il libro... escono dalle pagine E come erica “è una pianta sa? Cresce nei nostri boschi, voi in città non la conoscete”, mi dice la maestra - e poi F come fungo e G come ... ma come? Gnomo dei funghi? La maestra ride sotto il suo viso raggrinzito dal sole e dall'età mentre gli occhi le brillano... “voi i gnomi non li conoscete”, dice, li conoscete solo dalle favole ma noi, allora, li vedevamo nei boschi, per questo Giacomo li ha disegnati... ma ora ce ne sono pochi e non si fanno vedere.

Gli occhi della maestra si fanno cupi, lo sguardo è lontano nel tempo, persa nei ricordi... ringraziandola la saluto e questo la fa riprendere: “ma come, non lo compera?” Uno sguardo ai suoi ricordi e il libro è diventato mio. “Lo conservi con cura, mi raccomando” ... mi dice, e intanto mi allontano.

Disdegno le bancarelle con merletti, frutta e verdura per soffermarmi nelle altre.

Una ventina di minerali quarziferi brilla al sole del tramonto e attira la mia attenzione.
Mi avvicino ricordando quando da giovane mi arrampicava nelle sassaie per cercare qualche quarzo, schegge di mica o qualche cristallo rosso o verde che solo mio cugino sapeva riconoscere.

Insieme al nonnino della bancarella un bambino paffuto con le guance rosse disegna su un foglio con delle matite colorate ormai al limite della loro vita; appena mi avvicino mi mostra con orgoglio il suo disegno!
“Bello” dico incoraggiandolo... “chi è quel signore sotto l'ombrello?”
“Non è un ombrello” mi dice con tono di chi sta parlando ad un evidente ignorante: “è un fungo!”
“E sotto il fungo?” Chiedo facendo sbuffare il bambino “ma allora non sai proprio niente! È uno gnomo!”
Cerco di recuperare la situazione mostrandogli la pagina dell'abbecedario e chiedendo se ne aveva mai visti nei boschi
“ma allora mi hai preso in giro” mi dice il bambino ormai distratto da tutti quei disegni che escono dal libro e che ricordano con orgoglio il bidello Giacomo.
Il nonno, che nel frattempo osservava sbuffando con la pipa, mi dice di andare dal Pepi, in fondo al paese, “che lui di gnomi ne ha visti tanti”.

Il Pepi è lì, davanti alla casa, intento ad intagliare nel legno un piccolo buffo omino barbuto. Anche il Pepi ha una barba, una enorme barba bianca che sfoggia come le medaglie di un generale e che nasconde un sorriso ironico mentre gli racconto del bambino e della maestra. Mi consegna da reggere il pezzo di legno e il coltello e mi dice di aspettarlo. Che strano omino di legno, con le dita troppo lunghe, la barba riccia divisa in due e una acconciatura di capelli degna di un cantante rock e solo ora intuisco che potrebbe trattarsi di uno gnomo e lo guardo più attentamente.

Il Pepi esce portando con sé una scatola da scarpe, due bicchieri e una bottiglia contenente un liquido cristallino: grappa!

Al terzo bicchiere, dopo aver ascoltato buona parte della sua vita, finalmente è giunta l'ora di esaudire la mia curiosità e il Pepi prende in mano la scatola.
E' una scatola consunta ma pulita, segno di un uso frequente e di una religiosa cura; il prezzo ancora visibile in centesimi di lira ne rileva indirettamente l'età.

Il Pepi sembra un maestro della suspense... solleva il coperchio senza mostrarmi il contenuto, io cerco di frenare l'impazienza concentrandomi sulla grappa... mi dice che gli gnomi dei funghi sono sempre meno e quello che vedrò deve essere mantenuto assolutamente segreto.
Annuisco, mi dico che in fondo ognuno di noi ha le proprie manie e quella del Pepi, di credere ancora alle favole alla sua età, non è poi così grave, anzi, mi fa pure un po' di tenerezza.

Il Pepi estrae dalla scatola un fazzoletto annodato a sacchetto che apre facilmente; dentro una scatolina di latta che un tempo conteneva pastiglie per la gola.
Gli occhi del Pepi brillano mentre anche la scatolina si apre mostrandoci un piccolissimo zoccolo di legno intagliato appoggiato su un guanciale di ovatta... il Pepi è felice, io nascondo un po' la delusione finendo la grappa.
“Sono gli zoccoli di uno gnomo che ho trovato quasi sessanta anni fa nel bosco, è solo uno perché deve averlo perso”. Forse, maligno io, lo hai intagliato per i turisti che vengono a chiederti degli gnomi.

Mentre la grappa si fa strada dentro di me nasce la convinzione che la storia degli gnomi sia un imbroglio per turisti... ma incurante dei miei pensieri il Pepi tira fuori un foglio piegato di un giornale troppo vecchio per rimanere intero.
Con estrema dolcezza lo spiega sul tavolo e mi dice che allora, prima della guerra – non questa, quell'altra – aveva raccontato ad un giornalista la storia degli gnomi dei funghi e il giornalista ne aveva ricavato un articolo che aveva pubblicato insieme ad un suo disegno di uno gnomo.
Un disegno? Non era meglio una fotografia? beh, forse a quel tempo non era così facile.
ormai vinta quasi completamente la diffidenza mi concentro sul foglio di giornale in cui in un angolo mi guardano gli occhi scuri di uno gnomo, abile disegno del Pepi.
Il disegno del volto assomiglia all'omino buffo che il Pepi stava intagliando: barba riccia biforcuta, grandi occhi, forse troppo grandi, una zazzera di capelli pettinata in modo bizzarro.

Leggo sul giornale che questi gnomi vivono in piccole caverne scavate ai piedi degli alberi e sono ghiotti di funghi, da questo il nome di gnomo dei funghi.
Proseguo la lettura e scopro con sorpresa che l'altezza di questi esserini è di circa un centimetro! sempre più incredulo chiedo conferma al Pepi che mi dice “sono piccoli, anche se loro si vogliono far vedere ci vuole buona vista, altrimenti non li vedi”. Mentalmente ironizzo che forse, oltre che alla buona vista, occorre una buona dose di quella grappa alle erbe alpine! a proposito, ne posso prendere ancora un po'?
Il Pepi ripone tutto nella scatola mentre il nero scuro del cielo ormai è costellato da mille stelle: senza accorgermi è mezzanotte.
Saluto il Pepi e lo ringrazio per la grappa riproponendomi di ritornare a trovarlo e mi avvio verso il camper.

Sono nel letto, continuo a rotolarmi senza riuscire a dormire; sarà colpa della grappa o della consapevolezza di dover tornare in città?

È l'alba e decido di fare due passi aspettando l'ora di colazione.

Macchina fotografica in spalla e mi avvio verso la pineta. La casa del Pepi è chiusa, lui di sicuro non ha avuto problemi con la grappa!

Cammino per un’ora e più nella pineta rammaricandomi che, come dice il Pepi, “questo non è l'anno buono per i funghi”.
Mi accontento ugualmente riempiendo fino all'ultimo byte la scheda di memoria della mia macchina fotografica digitale.
Fra poco colazione e poi... le partenze intelligenti: sprechiamo tutti quanti il nostro ultimo giorno di ferie per avere il piacere di ritrovarci tutti, alla mattina, sotto il sole, in autostrada.

È pomeriggio inoltrato, sono a casa e anche i bagagli sono quasi a posto. La coda all'ipermercato mi fa rimpiangere i mercatini e mi fa ricordare la maestra, il disegno del bambino e la grappa del Pepi... forse per questo una confezione di funghi scivola nel carrello insieme ad un precotto che sarà la mia triste cena di questa sera.

Poche ore e sarò di nuovo in ufficio cercando di far durare fino al prossimo anno il ricordo di questi quindici giorni di montagna.
Estraggo dalla macchina fotografica la scheda di memoria mentre accendo il portatile. Devo preparare una selezione di fotografie da mostrare domani ai colleghi.

Le sfoglio velocemente sul monitor. Ma quante ne ho fatte, tutte le volte mi dico che devo concentrarmi sulla qualità e non sulla quantità. Questa è bella, un click ed è già partita con una email, diretta al proprietario del campeggio su, in montagna.
Ma quanti funghi ho fotografato? Neppure uno commestibile, forse quella storia degli gnomi mi ha condizionato nella scelta dei soggetti!

Guarda questa, carina, ma... aspetta, un click e ingrandisco, non credo ai miei occhi.
dall'angolo della foto, con aria forse un po' impaurita mi guarda un esserino che ormai riconosco: è uno gnomo dei funghi!
Non riesco a staccarmi da quell'immagine... Pepi, aspettami, anche io ho una cosa da farti vedere...


Questa è una storia in parte vera e in parte inventata (forse la grappa di montagna) ma se anche tu hai visto uno gnomo della montagna scrivimi!